“Preferisco dipingere gli occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c’è qualcosa che non c’è nelle cattedrali”. Per accogliere i visitatori nel suo sito internet Koi, maestro dello stencil romano, ha scelto queste parole di Vincent Van Gogh: sintesi perfetta del suo linguaggio artistico, abbiamo avuto il piacere di approfondirne il significato in occasione dell’inaugurazione di “Icon”, mostra dedicata alle icone di KOI e a quelle di Jesus T. T.
Ciao Matteo, ci spiegheresti da dove deriva il tuo nome d’arte?
Ciao, certamente! KOI viene dal mio interesse per il Giappone e per la sua cultura, in particolare è mutuato dalla carpa koi, animale dal significato simbolico nel paese. Al di là dei valori attribuiti a questa specie, mi hanno sempre attratto le variazioni cromatiche dei suoi esemplari, che io ritrovo nello stencil: le carpe koi hanno colori diversi e quando sono vicine le loro macchie ricordano quelle dello stencil, accostate ma mai sovrapposte.
E sulla tua formazione cosa puoi raccontarci?
Ho visto da sempre murales e graffiti in metropolitana e altrove e ciò ha plasmato il mio interesse per la street art. A questo ha fatto seguito la conoscenza vera e propria di alcuni artisti: ammiro chi produce stencil nel mondo, come C215, Banksy, tra i nomi internazionali, e Sten Lex, in Italia. Alcuni artisti li conosco personalmente, e li stimo molto per le loro opere: spero sia una cosa reciproca!
Influenze dirette dal Giappone invece?
Beh sicuramente Hokusai: le sue stampe su legno fanno parte del mio bagaglio, e le loro immagini, sebbene rimandino ad una tecnica diversa, sono scomposte un po’ come avviene nello stencil. Attingo anche ai suoi colori, azzurro e senape.
Come mai proprio lo stencil? Ci descriveresti l’uso che fai di questa tecnica?
La tecnica dello stencil richiede precisione e da questo punto di vista è molto vicina al mio carattere: mi permette di ritrarre particolari precisi, dettagli che con un’altra tecnica avrebbero una resa diversa. Attualmente realizzo multilayer a cinque strati, su tela o altro supporto: ovviamente ciò richiede del tempo, e che la realizzazione delle opere avvenga in studio o a casa. In strada ci si deve limitare ad un paio di layer. Quanto ai colori mi lascio ispirare dal soggetto da ritrarre: ne ho a disposizione cinque, uno per strato, e non sono mai gli stessi.
Qualche parola su “Icon”: che valore ha l’icona nel tuo linguaggio artistico?
Le mie non sono icone pop, sono piuttosto distanti dalla Pop art: ritraggo soggetti che hanno influenzato la mia vita, che hanno ispirato viaggi, periodi, o che mi ricordano degli interessi personali. Invece lo sfondo in cui sono inseriti sostituisce il contesto in cui, se realizzassi in strada queste icone, esse si muoverebbero.
Chiarissimo! Grazie davvero.
A voi!
Intervista di Luigi Costigliola – luigicostigliola@yahoo.it