INTERVISTA A GABRIELE CIGNA E DANIELE TOZZI IN OCCASIONE DI:
DENTRO FUORI STUDIO
ESPOSIZIONE A CURA DI MARTA DI MEGLIO
Gabriele Cigna e Daniele Tozzi sono le menti che hanno dato vita al progetto “Fuori Studio”: abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con loro durante l’esposizione “Dentro Fuori Studio” (12-28 novembre 2021) che ha visto protagoniste le loro opere.
Da dove nasce “Fuori Studio”? Qual è stata la scintilla che ha generato tutto?
Gabriele: Sicuramente il terreno è stato fertilizzato dal graffitismo: partendo da qui ci siamo mossi verso le radici del fenomeno stesso. Il graffito nasce come simbolo per lasciare la propria traccia: da esso abbiamo cercato di risalire al suo significato, in un percorso a ritroso. All’inizio scrivi senza sapere come si fa davvero un graffito, poi, comprendendo che la tua opera rientra nel grande mondo del lettering, cominci a studiarne i fondamentali. E ti accorgi che ci sono delle basi tecniche, comuni alla calligrafia e all’estetica della lettera, che tu stai proiettando in un’altra epoca.
Dunque il graffito come antenato dei “font”?
Gabriele: Se fare un graffito è rappresentare la lettera dal proprio punto di vista, ogni writer è un font designer: ovviamente bisogna considerare che non iniziando da un preciso “know how” ciascuno crea dando voce al proprio stile. Dunque riparti dai fondamentali e ci lavori su, ciascuno ci ha messo del suo. Così abbiamo fatto noi.
Voi due?
Gabriele: Noi due, assieme alla nostra crew, che oggi è diventata un gruppo di lavoro e da cui nasce “Fuori Studio”. Si chiama “Fuori Serie” e “Fuori Studio” (stesse iniziali) riporta l’operato di lei nel mondo attuale. Le lettere sono sempre il punto di partenza. Poi l’esperienza cresce e la lettera diventa un punto di incontro con l’arte contemporanea: sovrastrutture e nuovi elementi si sovrappongono ad essa fino a nasconderla, tra motivi geometrici e forme gestuali. La calligrafia ti riporta di fatto alla spontaneità della bomboletta sul muro: il gesto spontaneo, dunque sporco, ora viene compreso meglio da noi stessi.
E quindi quali sono le tecniche che utilizzate?
Gabriele: All’origine, le vernici proprie del graffito: prima argento e poi variopinte. Il colore è stato il nostro segno distintivo, ce lo siamo sempre portati dietro, anche come veicolo di emozioni più efficace rispetto all’argento e nero, più estemporaneo e veloce ma a volte meno denso di espressività.
Fino ad allargarvi al 3D e alla composizione materiale.
Gabriele: Sì, ma senza un progetto predefinito: volevamo esprimerci e abbiamo sperimentato, poi ci piaceva che il progetto ritornasse dallo studio alla strada, dove era nato tutto. Dunque la scelta dei luoghi, l’analisi delle fattezze del muro: tutte cose che avevamo lasciato da un po’. Insomma, una rilettura del graffito alla luce delle nuove tecniche di grafica e design apprese, ridare tutto al pubblico.
“Fuori studio”, direi, letteralmente!
Sì, esatto! (Ridiamo)
Daniele: All’inizio parti senza filtri e non pensi che quello che fai potrà diventare una professione: fai lettere imprecise, ma tornando poi a studiare reimposti la tua attività. Il tornare in strada, infine, ti ridà quella spontaneità del gesto che trova una sintesi perfetta coniugandosi con la fase di formalizzazione appena precedente.
Dunque, Daniele grafico e Gabriele designer.
Daniele: Esatto, io nasco come grafico, Gabriele come designer: lui concepisce più gli effetti sugli oggetti, io gli oggetti stessi nel vuoto. I nostri punti di vista si completano, da venticinque anni.
Infatti in esposizione notiamo due tipi di opere: lettere e calligrammi.
Daniele: I calligrammi sono miei: calligramma è “parole in una forma”, cesellare in una forma le lettere di una frase, di una poesia, di una canzone, un aforisma le cui parole sono evocate dall’immagine stessa. Gabriele si occupa più di calligrafia astratta, che consiste nell’utilizzare la tecnica e i movimenti della calligrafia per far diventare la composizione un gioco astratto, e vi aggiunge elementi di design.
E sui materiali che ci dite?
Daniele: Oltre alle stampe stiamo sperimentando il 3D: stiamo cercando di dare un senso materico a ciò che abbiamo fatto sempre in piano. In questo modo la lettera può evolversi ulteriormente dando vita ad un vero e proprio oggetto, una lampada ad esempio, ad un’istallazione. Le lettere scartate delle insegne ci hanno ispirato: le abbiamo prese, studiate e restaurate. Le nostre lettere non sono ancora luminose, ma ci stiamo lavorando, è quello il progetto.
Dunque un oggetto di quotidiana utilità ma concepito artisticamente?
Sì, la nostra idea è di decontestualizzare le lettere dal loro tradizionale utilizzo: dunque non ridarle necessariamente all’insegna di partenza ma trasformarle in oggetti, principalmente da interno: un mezzo per portare l’arte in casa.
Grazie, siete stati gentilissimi.
A voi, è stato un piacere!
Se siete curiosi, potete approfondire la conoscenza di “Fuori Studio” attraverso i suoi canali social https://www.instagram.com/fuoristudio/ https://www.fuoristudio.com/ .
Per maggiori informazioni: info@fuoristudio.com
Intervista di Luigi Costigliola – luigicostigliola@yahoo.it